Dentro al vestito: niente. Dietro al vestito: rifiuti, inquinamento e sfruttamento

La sacra, inviolabile, indiscutibile moda e la voglia di apparire, fra i vari danni, produce un mercato gigantesco del cosiddetto fashion cioè vestiti anche a basso costo che vengono indossati poche volte o addirittura per niente e poi buttati. Dietro a questa ennesima follia c’è una serie di protagonisti in una catena di gente senza scrupoli.

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La sacra, inviolabile, indiscutibile moda e la voglia di apparire, fra i vari danni, produce un mercato gigantesco del cosiddetto fashion cioè vestiti anche a basso costo che vengono indossati poche volte o addirittura per niente e poi buttati. Dietro a questa ennesima follia c’è una serie di protagonisti in una catena di gente senza scrupoli. La catena inizia dalle persone, giovani o meno, che credono che apparire sia una questione essenziale dell’esistenza, dove il valore non lo si acquisisce nell’essere ma appunto nell’apparire; del resto non può andare diversamente in una società dove la superficialità regna sovrana e gli adulti danno esempi tutt’altro che edificanti. Infatti siamo sommersi da foto e video di persone che fanno di tutto per essere apprezzate per la loro avvenenza. Una roba nefasta come questa fa tantissima presa anche su persone facilmente condizionabili come i giovani, i quali sono spinti a emulare i comportamenti dei loro coetanei per non sentirsi esclusi dal gruppo. E il gruppo è fortemente influenzato da pubblicità e idiozie assortite che ruotano a ritmo costante sulle scintillanti lampade di Aladino tascabili dove i modelli non sono certo quelli virtuosi o intelligenti perché quei modelli non
fanno fare soldi. I soldi si fanno soprattutto proponendo immondizia e stupidità. Così le prime vittime e carnefici allo stesso tempo di tale idiozia sono proprio i giovani, che si trasformano pure in influencer più o meno lautamente pagati dalle aziende per fare pubblicità a questo o quell’indumento o accessorio di moda.
Ci si chiede che persone diverranno quelle che passano ore e ore a decidere che acconciatura avere, che vestito mettersi, a truccarsi come dive o divi del cinema, in una continua sfilata e lotta fra mini star. E chissà quale profondità avranno coloro che conquisteranno il cuore delle mini star grazie a un rossetto, un capo di abbigliamento, una rasatura perfetta….
Si trattasse solo di idiozia fine a se stessa, sarebbe un problema di chi decide di vivere con questi disvalori ma dietro a tutto ciò ci sono multinazionali che, sfruttando bestialmente le persone, producono capi a basso costo che verranno indossati e buttati nel giro di giorni, perché la moda in quanto tale mica prevede di indossare più volte le stesse cose, non sia mai.
E i giovani e non, che fanno a gara ad apparire più cool possibile, dovrebbero farsi qualche domanda su cosa c’è dietro a questa roba e se sia il caso di collaborare allo sfruttamento di persone e devastazione ambientale. Ma cosa vuoi che gliene freghi al giovane o adulto occidentale, se i rifiuti lo sommergeranno. E ancora meno, cosa vuoi che gli interessi se c’è chi per riempire la sua infelicità con delle merci, viene sfruttato barbaramente. Non ci si fanno domande, non ci si chiede niente, si va avanti come se nulla fosse; finché c’è soldo e corrente elettrica per fare click, non dobbiamo preoccuparci.
I vestiti buttati ormai sono intere montagne e guarda caso vanno poi a finire nelle discariche o nelle spiagge quindi in mare, degli stessi paesi di cui si sfrutta la manodopera per realizzarli. Paesi che subiscono un doppio sfruttamento: prima fanno i vestiti e poi fanno da discariche.
Non è infatti pensabile di poter riusare o riciclare la mole impressionante di vestiti che viene prodotta costantemente per fare (in)felici gli occidentali e anche i non occidentali, dato che chiunque abbia accesso a un dispositivo elettronico vuole diventare come noi, consumisti perfetti.
E lo scandalo non finisce qui perché per realizzare vestiti che andranno velocemente a inquinare il mondo, servono energia e acqua, servono sostanze, colori e materiali tossici. Un quadro insostenibile quindi da ogni punto di vista ma dato che il soldo impera, non si fa nulla per fermare questa follia e si continua pure a far credere che la moda abbia un senso. Un’ultima considerazione: nella sagra dell’ipocrisia ci sono siti pseudo ambientalisti o pseudo critici che fanno un po’ di informazione anche sugli aspetti di cui sopra e le stesse pagine su cui si criticano queste pratiche sono circondate da pubblicità di vestiti alla moda a basso costo e infinite altre “cinafrusaglie”. Ma come si può pensare di cambiare qualcosa o anche solo di essere minimamente credibili se si dice una cosa e poi si fa esattamente il contrario in maniera così palese e spudorata? Misteri del business, magie del mercato che ammalia sempre tutto e tutti quelli disposti a farsi ammaliare, perché la pecunia non olet, mai.
Ovvio che nulla cambierà fino a quando non si smetterà di fare pubblicità ai cattivi di turno, i cui soldi però, guarda caso, sono sempre buoni da intascare.

Il lusso di pensare

Nell’epoca del “non c’è tempo”, si è circondati da persone che corrono e sono costantemente immerse in una qualche attività, il tutto fatto quasi sempre con l’ausilio della lampada di Aladino tascabile ovvero l’ormai sacro telefono cellulare. Non c’è tregua dal lavorio incessante delle distrazioni, non esistono pause nella costante (dis)attenzione a qualcos’altro.

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Nell’epoca del “non c’è tempo”, si è circondati da persone che corrono e sono costantemente immerse in una qualche attività, il tutto fatto quasi sempre con l’ausilio della lampada di Aladino tascabile ovvero l’ormai sacro telefono cellulare. Non c’è tregua dal lavorio incessante delle distrazioni, non esistono pause nella costante (dis)attenzione a qualcos’altro. Non appena c’è un momento in cui per qualche motivo si ha una pausa da un lavoro o una qualsiasi attività (dove non ci si serva già di un dispositivo elettronico), immediatamente si prende in mano la lampada di Aladino tascabile e si cerca qualcosa, tanto gli stimoli sono infiniti e ci si potrebbe passare l’eternità. Anche alla sera la ricerca di “qualcosa” avviene fino al momento prima di spegnere la luce o anche dopo, perché la luce stessa viene dalla lampada di Aladino.
Quando si viaggia si osserva che ormai non c’è treno, metro, autobus dove le persone non siano con la testa china sulla propria lampada di Aladino e viene da chiedersi: ma il tempo per pensare quando lo trovano? Non guardano il paesaggio o fuori, spesso non parlano nemmeno con gli altri anche fossero amici, parenti o partner e, se sono soli, sembra che pensare o contemplare sia inconcepibile.
Non è un caso che siano esplose proposte di mille tipi su meditazione o metodologie simili per tentare in qualche modo di riportare a se stessi la mente.
La sensazione è che quindi pensare stia diventando un lusso e ogni secondo lo si debba usare per distrarsi o fare qualcosa, come se si fosse in una costante gara contro il tempo.
O forse più semplicemente pensare porterebbe a riflessioni che è meglio non fare. Meglio non chiedersi se quello che si sta facendo ha un senso oppure no. Già la sola domanda fa paura perché poi quella domanda potrebbe diventare incessante, così incessante da doverci mettere di fronte a noi stessi e forse chissà, magari anche tentare di cambiare. Ma non c’è pericolo, le infinite distrazioni sono lì apposta per veicolarci prodotti da comprare sia per non farci pensare e quindi non porci domande scomode.
Riuscendo sempre meno a pensare, il pensare stesso diventa un privilegio di chi riesca a fare silenzio, riesca a concentrarsi su di sé e magari anche elaborare una via di uscita da una distrazione costante che ovviamente non porta nulla di buono e allontana sempre più da sé e gli altri.
Così quando ci si ritrova a pensare circondati da menti indaffaratissime a distrarsi, si benedice la fortuna di poterlo ancora fare in una strana sensazione dove il normale diventa anormale e quello che ci ha sempre contraddistinto cioè la capacità di elaborazione, è diventata una rarità. L’ovvia conseguenza è che se non pensiamo più, ci sarà chi lo farà per noi ed ecco già pronta la famosa intelligenza artificiale che ci sostituirà e, quando questo succederà, sarà troppo tardi per accorgersene.
Forse è il caso di alzare la testa e non lasciare che qualcun’altro pensi e agisca per noi.

L’Italia sempre più vecchia e sola

L’aver creduto alle promesse scintillanti del consumismo ha creato una serie di conseguenze nefaste che ora si mostrano in tutta la loro drammaticità. L’ambiente è devastato, siamo sommersi da rifiuti, la speranza nella vita si è ridotta al lumicino e quindi i figli non si fanno più.

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L’aver creduto alle promesse scintillanti del consumismo ha creato una serie di conseguenze nefaste che ora si mostrano in tutta la loro drammaticità. L’ambiente è devastato, siamo sommersi da rifiuti e la valanga non accenna a diminuire anzi aumenta; le malattie di ogni tipo, derivanti dall’inquinamento e dal “progresso scientifico “ al servizio di aziende senza scrupoli, mietono vittime a tutto spiano. La speranza nella vita si è ridotta al lumicino e quindi i figli non si fanno più, anche perché nella nostra società in cui deve sempre trionfare l’ego, per quale motivo ci si dovrebbe “sacrificare” per qualcun’altro? Un qualcun’altro a cui poi non si potrebbe neanche dedicare tempo dato che, a causa della tecnologia, non c’è più tempo di fare nulla, solo di lavorare per rincorrere le cose da comprare che la stessa tecnologia ci dice di comprare, altrimenti siamo “poveri” rispetto al vicino di casa.
E così, niente figli e con la popolazione sempre più vecchia nei prossimi decenni; se il trend non si inverte, si prevede la scomparsa della mitica stirpe italiana. E’ chiaro che l’immigrazione sia da una parte fintamente combattuta ma dall’altra è assolutamente necessaria affinché il nostro paese non si desertifichi. Ma soprattutto che ci siano nuovi consumisti pronti ad alimentare la macchina infernale della compravendita e un nutrito serbatoio di lavoratori a basso costo che sono la panacea di qualsiasi azienda, esattamente come lo furono in passato gli immigrati del meridione. Fateci caso, non c’è pubblicità che non inserisca anche persone di colore, asiatiche o comunque dai tratti non italici.
E a chi dice che i figli non si fanno perché siamo “poveri” e non ci sono soldi, è ovvio rispondere che siamo così poveri che sprechiamo l’impossibile e buttiamo quotidianamente soldi dalla finestra. E se ciò non bastasse è sufficiente citare il dato per cui nel 1946, anno successivo alla fine della guerra mondiale con il paese distrutto e la povertà vera, eravamo il paese con la più alta natalità fra quelli usciti dal conflitto. Quindi non si tratta certo di condizioni economiche ma dell’aver perso speranza nella vita, nel futuro e di pensare sempre e solo a se stessi.
Il risultato di queste politiche suicide sono un paese sempre più vecchio e fatto di persone illuse dalla tecnologia che le connette ma che si dimenticano di avere relazioni vere e si ritrovano immancabilmente sole. Città che sono abitate in gran parte da single e anziani assistiti da eserciti di badanti, che in quel caso vanno benissimo e nessuno si sogna di respingerle alle frontiere, tanto per non smentire mai la nostra proverbiale ipocrisia.
Anziani che, una volta sfruttati dalla megamacchina produttiva, sono abbandonati a loro stessi e non hanno alcun ruolo anche se hanno ancora esperienza, saggezza, capacità; nella società dell’usa e getta, soprattutto delle persone, l’anziano, che per le comunità arretrate quindi intelligenti è la saggezza e ha un ruolo importante nella società, da noi lo si mette davanti alla televisione, a bere in un bar o sulle panchine da qualche parte, facendogli giorni fotocopia fino a quando non si spegnerà.
E questo, dalla televisione, dai media, dai social, dagli scranni del parlamento, ci dicono che sia il paese migliore possibile, il massimo che possiamo desiderare e dobbiamo anche essere grati, contenti di pagare mille, tributi, imposte, balzelli, tasse, prebende, bolli, per tenere in piedi uno zombie di società che non va da nessuna parte, non ha più alcun valore ed è destinata immancabilmente a estinguersi.
Non c’è altra strada che costruire una società che dia ancora speranza di vita e nella vita abbandonando ogni remora, paura, timore di lasciare una nave che affonda e porterà con sé chiunque pensi che rimanere aggrappato a ciò che è noto, consueto, falsamente rassicurante lo possa salvare in qualche modo, cosa che non succederà.

https://www.ilcambiamento.it/articoli/l-italia-sempre-piu-vecchia-e-sola

L’orto autoirrigante: una soluzione a tanti problemi!

Cos’è e come funziona l’orto autoirrigante? Come fare l’orto senza acqua? Lo vediamo insieme ad Alessandro Ronca, del PeR (Parco delle energie rinnovabili) e a Paolo Ermani, scrittore e presidente dell’associazione Paea in questo video realizzato dal Bosco di Ogigia.

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Cos’è e come funziona l’orto autoirrigante? Come fare l’orto senza acqua? Lo vediamo insieme ad Alessandro Ronca, del PeR (Parco delle energie rinnovabili) e a Paolo Ermani, scrittore e presidente dell’associazione Paea in questo video realizzato da Filippo Bellantoni e Francesca della Giovampaola del Bosco di Ogigia.

Ronca ed Ermani hanno scritto insieme il libro “L’orto autoirrigante. Coltivare con poco lavoro e poca acqua in campagna e in città” (Terra Nuova edizioni).

Nel video trovate spiegato:

– Cos’è l’orto autoirrigante

– Come controllare l’acqua dell’orto autoirrigante

– Come realizzare il bancale per l’orto autoirrigante

– I materiali usati per costruire l’orto autorrigante

– Il sesto d’impianto e la densità delle piante

– La terra per creare i bancali

– Un’occhiata al libro!

– Il segreto dell’orto autoirrigante

– La coltivazione in interno

– Il vantaggio dell’orto rialzato

– La versione tecnologica dell’orto autoirrigante

– Cos’è l’agricoltura leggera

Buona visione!

https://www.ilcambiamento.it/articoli/l-orto-autoirrigante-una-soluzione-a-tanti-problemi

Siamo tutti Ovidio Marras

Nei giorni scorsi per caso mi sono imbattuto nella storia di questo signore sardo di nome Ovidio Marras. E’ un contadino che da anni combatte una battaglia contro i cementificatori e da solo ha fermato l’ennesima speculazione edilizia in Sardegna. Una storia che fa riflettere e molto.

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Nei giorni scorsi per caso mi sono imbattuto nella storia di questo signore sardo di nome Ovidio Marras. E’ un contadino che da anni combatte una battaglia contro i cementificatori e da solo ha fermato l’ennesima speculazione edilizia in Sardegna; ma non si stratta di aver bloccato una villetta, bensì un diluvio di cemento capitanato dai colossi del settore che con la loro potenza di fuoco monetaria, politica e mediatica fanno letteralmente i loro comodi ovunque e comunque.
La storia ha dell’incredibile ed è una conferma che se si vuole si può fare e anche una persona da sola può raggiungere risultati impensabili. Una volta saputa la lotta del contadino contro i giganti del potere, alcuni media hanno riportato la sua battaglia e ci sono un paio di video in merito. Nelle interviste che gli fanno Ovidio parla rigorosamente in sardo e se ne frega di non essere capito, difatti lo devono tradurre, come a dire: io sono fiero della mia cultura e della mia lingua.
Cosa notevole questa, per una cultura e un dialetto che proprio i media deridono e fanno diventare macchietta; altro che macchietta è Ovidio, con la sua dignità eroica.
Gli intervistatori gli chiedono poi perché ha rifiutato tutti i soldi che gli avrebbero dato i cementificatori e si parla di milioni di euro, se avesse mollato pure la sua proprietà o comunque non li avesse intralciati con la sue cause.
Le sue risposte sono memorabili, da metterle nella Costituzione: “A me denaro non me ne serve, anche se mi danno 700 milioni, io non vendo. La terra resta, i soldi anche se non hanno le ali, volano”.
Andatelo a dire ai nostri politici che per molto, molto meno svenderebbero tutto l’albero genealogico e che hanno svenduto l’intero paese, devastato da nord a sud. Andatelo a dire a quelli che volevano cambiare tutto e, appena entrati nei palazzi di stucchi e ori, si sono tenuti ben strette le poltrone.
Andatelo a dire a tutti i tecnici, professoroni, luminari, esperti che quotidianamente a migliaia si vendono al peggior offerente, nonostante o a causa delle loro lauree, titoli, cattedre, carriere, pedigree, diplomi, master, medagliette, attestati di questo e quello. E ancora una volta si vede come il sistema scolastico non insegna di certo le cose giuste e sagge, se un contadino di oltre novant’anni, che parla solo in sardo e che forse avrà fatto le elementari, diventa un gigante di giustizia e tutela del territorio.
Andatelo a dire a tutti quelli che accettano mazzette, promozioni, carriere e altro, che in decenni hanno massacrato il territorio italiano e poi vedi il mitico Ovidio che difende la bellezza della “sua” natura e dice che è di tutti.
E questa gente che si vende ogni giorno ti dirà sempre che se non lo fa lui lo farà qualcun’altro e così si avanza velocemente all’estinzione di loro e dei qualcun’altro.
La saggezza, la semplicità, il senso, la giustizia quindi non stanno nelle università, nei palazzi del potere ma nella forza di chi nega la sua complicità, come Ovidio che dice il suo calmo ma fermissimo no, appoggiato al muro della sua casa in posa non certo videogenica ma potente come una moltitudine inarrestabile.
E viste le condizioni della casa di Ovidio, le sue poche povere cose, di sicuro quei soldi gli avrebbero fatto comodo, ben più che a chi più ne intasca e più ne vuole, per aumentare l’orgia del lusso, altro che casetta umile dai muri scrostati dove abita il gigante Ovidio.
Ma forse è proprio quella semplicità volontaria che ha fatto rimanere Ovidio un uomo e non un burattino. Non le manda a dire quando afferma che “quelli ci volevano prendere per scemi” oppure che “hanno distrutto cento olivastri e ne hanno ripiantati sei o sette che sono morti tutti”.
Per lui sono molto più importanti gli olivastri che le colate di cemento che portano “crescita” e “sviluppo” e infatti Ovidio ha contro anche i compaesani perché con gli alberghi, gli hotel e il turismo cavalletta, loro ci guadagnano; e cosa sarà mai l’ambiente quindi la salute, il paesaggio, la bellezza di fronte ai soldi?
Come se la Sardegna con le sue fantastiche ricchezze avesse bisogno di cemento e cavallette per prosperare. Abbiamo dimenticato completamente chi siamo e cosa abbiamo, lo abbiamo barattato con soldi e devastazione, nella falsa convinzione che se non distruggi sei arretrato, proprio come Ovidio che rifiuta la modernità suicida e non gli servono scuole, diplomi e nemmeno parlare l’italiano corretto
per capire l’ovvio.
Chi non vuole cambiare nulla e adduce come giustificazione che “non si può fare” perché ci sono sempre problemi, che gli altri sono sempre più forti o è colpa di questo e quello, si metta un poster in camera a grandezza naturale del mitico Ovidio che gli ricordi come stanno le cose.

https://www.ilcambiamento.it/articoli/siamo-tutti-ovidio-marras